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La Chirurgia Plastica e Ricostruttiva ha particolari caratteristiche di multidisciplinarietà e collabora attivamente con gli specialisti di altri settori della chirurgia, per esempio con gli ortopedici, i senologi, i dermatologi, i traumatologi, gli specialisti di chirurgia generale, ginecologica, vascolare e altri ancora.

 

Per ciò che ci compete specificatamente, effettuiamo interventi di Chirurgia Estetica del volto e del corpo e ricostruzione di tutti i distretti corporei con particolare specializzazione nella ricostruzione mammaria e orbito-palpebrale. 

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La ricostruzione mammaria

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Come dice Virgilio: "La virtù è ancor più gradita se splende in un bel corpo.” Monica Pasqualini

Alcuni Approfondimenti

Blefaroplastica – Correzione delle palpebre

Palpebre e occhi invecchiati?

Correzione dell’eccesso di cute e riposizionamento del grasso a livello delle palpebre.

La blefaroplastica – letteralmente plastica della palpebra – è forse il più gettonato tra gli interventi di chirurgia plastica estetica.
Le palpebre e la regione palpebrale sono tra i primi connotati a subire una trasformazione col passare dell’età e ad essere oggetto delle stigmate dell’invecchiamento in un viso che per il resto può considerarsi ancora giovane e per questo motivo la blefaroplastica è tra i primi interventi antiaging richiesti.
La blefaroplastica è richiesta quasi in egual misura dal target femminile e maschile, anche se è vero che nell’uomo uno sguardo meno giovanile può essere più accettato come requisito di uno sguardo più maturo e più interessante.
Dipende molto anche dal ruolo che un soggetto riveste nel mondo del lavoro. Per taluni soggetti il mantenersi giovani nell’aspetto non significa solo un capriccio personale, ma costituisce uno strumento di lavoro. Specie in certi ambiti particolari nei quali è richiesta l’attualità del prodotto e quindi l’aspetto giovane è una condizione richiesta dalla logica della competizione. La blefaroplastica ha qui il significato del vestito/divisa impeccabile.
Essere giovani costituisce un modello reclamizzato dai media e la blefaroplastica come altri interventi antiaging ci porta a rispettare certi modelli, ad assomigliare a certi modelli, a sentirci più in trend.
Considerato che la blefaroplastica è tra gli interventi di chirurgia estetica quello meno invasivo, che richiede un semplice regime ambulatoriale per essere eseguita, che generalmente viene eseguita in anestesia locale e che prevede tempi di recupero abbastanza agili, è presto spiegato perché venga così frequentemente richiesta, anche alla luce dell’aspetto economico: un intervento di blefaroplastica ha un modesto impatto economico che può essere sopportato da un target molto vasto, rispetto ad altri interventi di chirurgia estetica, sempre nell’ambito dell’antiaging, come il lifting viso per esempio, per rimanere nell’ambito del viso.

Cosa succede alla regione palpebrale con l’invecchiamento?
La pelle delle palpebre superiori tende a rilassarsi, formando delle piegoline, mentre la plica palpebrale si porta gradualmente verso il margine libero della palpebra. Compaiono le tipiche tumefazioni ai lati del naso ( le ernie adipose ) dovute al rilassamento dei tessuti profondi che nelle palpebre inferiori sono note come borse adipose. La blefaroplastica può eliminare questi inestetismi tipici.

Indicazioni per l’intervento
L’intervento di blefaroplastica mira riposizionare e/o asportare il grasso responsabile delle borse e la pelle eccedenti. Con la blefaroplastica si sollevano le palpebre superiori quando diventano cadenti e si eliminano le prominenze adipose (ernie) che appesantiscono lo sguardo. Anche le occhiaie si possono attenuare attraverso una blefaroplastica, riposizionando il grasso orbitario anche in assenza dei cute in eccesso.

Intervento chirurgico

Blefaroplastica superiore


L’intervento di blefaroplastica superiore si realizza asportando una losanghina di pelle secondo un tracciato tipicoche varia da caso a caso. Le incisioni chirurgiche sono localizzate nella piega naturale di riflessione e si estendono lateralmente e in alto, ai lati degli occhi. Le incisioni chirurgiche della blefaroplastica superiore si suturano con fili di sutura sottilissimi che praticamente non lasciano segni.

Blefaroplastica inferiore
Nella blefaroplastica inferiore il “taglio” chirurgico (nella varieta’ tecnica classica con accesso esterno) si colloca sul margine ciliare e si porta esternamente nel contesto di una rughetta, se presente, per attenuare qualsiasi segno residuo. Attraverso questo accesso la pelle delle palpebre viene scollata e sollevata, dopodichè ne viene rimossa (se necessario) un piccola parte eccedente prima di essere risuturata con punti sottilissimi. Nella varietà tecnica cosiddetta trans congiuntivale l’incisione viene fatta all’interno della palpebra. Questo tipo di accesso consente di rimuovere le borse adipose, ma non la pelle in eccesso, quindi ha indicazioni specifiche.

Dal punto di vista tecnico la blefaroplastica è un intervento considerato come chirurgia ambulatoriale per la sua relativa semplicità e scarsa invasività. Relativamente alle palpebre inferiori, come abbiamo già indicato, ci sono 2 varietà tecniche di base di blefaroplastica (con approccio esterno e con approccio trans congiuntivale). La tecnica elettiva, ove trovi corretta indicazione, è la blefaroplastica trans-congiuntivale che prevede un accesso chirurgico senza incisioni esterne e quindi senza alcun segno da taglio cicatrice) visibile. Tale tipo di approccio è indicato quando c’è solo grasso da rimuovere e non anche pelle da rimuovere.

Anestesia e ricovero
L’intervento viene fatto generalmente con semplice anestesia locale. Se l’intervento riguarda tutte e quattro le palpebre si preferisce talvolta l’anestesia totale o la sedazione. La blefaroplastica generalmente non necessita di ospedalizzazione anche notturna (ricovero ordinario), ma solo di regime di day surgery (ricovero diurno), salvo venga eseguita la tecnica di Hamra.
Il vantaggio estetico più importante di una blefaroplastica è l’effetto più riposato che acquista lo sguardo. Solo se associata a peeling, laser o Botulino però, la Blefaroplastica può veramente ringiovanire lo sguardo, in quanto essa, come d’altra parte anche il Lifting, non è in grado di migliorare la qualità della cute sulla superficie esterna.

Conclusioni
Dunque concludiamo dicendo che la blefaroplastica è indicata per chi presenta una o più delle seguenti caratteristiche:
– sovrabbondanza di cute sia a livello della palpebra superiore (qui fino a oltrepassare il margine libero della palpebra e limitare il campo visivo), sia della palpebra inferiore;
– eccessiva presenza di pelle sulla palpebra superiore con conseguente aspetto di viso stanco;
– ernie adipose (i caratteristici rigonfiamenti ai lati degli occhi che appesantiscono tanto lo sguardo);
– tipiche borse a livello delle palpebre inferiori che conferiscono un aspetto di viso invecchiato.

I pazienti più indicati per l’intervento di blefaroplastica sono soggetti di entrambi i sessi
che godono di buona salute, che sono psichicamente equilibrati e che hanno un senso di realtà normale (non pensano con la blefaroplastica di cambiare vita).

Le incisioni sono effettuate a 8 mm dal margine ciliare nella piega palpebrale per le palpebre superiori e a 1-2 mm sotto le ciglia per le palpebre inferiori.
Quando non fosse necessario asportare pelle, ma solo riposizionare il grasso, l’incisione può essere effettuata nella congiuntiva.

Il tumore della mammella femminile è la neoplasia statisticamente più frequente nella popolazione. Il suo trattamento è chirurgico e farmacologico, ma, grazie alla continua scoperta di nuove terapie da associare alla chirurgia, i chirurghi hanno potuto diventare sempre meno demolitivi. Nella maggior parte dei casi la donna affetta da questa malattia può guarire, confrontandosi poi con gli esiti degli interventi che si saranno resi necessari per curarla.
La mammella nella donna è carica di un significato

 simbolico importantissimo, è la femminilità e la maternità, è la sessualità e l’immagine. Detto ciò, è intuitivo cosa si aggiunga alla paura della malattia quando la donna riceve la notizia di avere un tumore della mammella.
Personalmente, ritengo che non si possa più offrire solo la guarigione dalla malattia, ma bensì una qualità di vita che contempli l’integrità psico-fisica della paziente.
Spesso è possibile asportare solo una parte di mammella, purché le dimensioni del tumore siano tali da permettere la conservazione di una porzione di ghiandola mammaria in grado di garantire una discreta simmetria di forma fra le due mammelle. E’ ovvio che il volume della mammella operata sarà minore dell’altra a causa dell’asportazione del tumore, ma se la forma sarà gradevole e armonica in maniera da permettere alla donna di vestirsi e spogliarsi con naturalezza avremo raggiunto gli obbiettivi di cura della malattia, senza cioè la “deturpazione” dell’integrità psico-fisica.
Il trattamento cosiddetto “conservativo” della mammella prevede l’asportazione della ghiandola malata ed un rimodellamento della parte di mammella che rimane per ottenere un buon risultato cosmetico già alla fine dell’intervento demolitivo. Nella nostra struttura è possibile, per casi particolari, la collaborazione del chirurgo generale con il chirurgo plastico anche all’atto della demolizione, al fine di rendere possibile un risultato della miglior qualità possibile in un solo intervento chirurgico.
Meno frequentemente, è ancora necessario togliere tutta la ghiandola mammaria, non perché la malattia sia più grave, ma perché la mammella molto piccola o con tumore multi-focale non può essere trattata con un’asportazione parziale. In questo caso, il chirurgo plastico propone la metodica più appropriata al caso specifico per ricostruire una mammella gradevole, piacevole da vivere e che ricostruisca l’”integrità” femminile. La mammella può essere ricostruita in uno o più interventi utilizzando materiali protesici o autologhi, ovvero prelevati dalla paziente stessa (cellule staminali o lembi).
Le “ombre” dell’argomento risiedono proprio nel percorso della ricostruzione che è raramente semplice e veloce. Credo sia importante aiutare la donna prima ad accettare la malattia e poi condurla per mano con pazienza e comprensione lungo il percorso della terapia e della ricostruzione.
Ad una paziente alla quale viene comunicata la diagnosi di tumore può sembrare che la vita sia finita, ma in realtà, quasi sempre, dopo mediamente un anno e mezzo tornerà a vivere la propria vita con serenità.

Dott.ssa Monica Pasqualini

L’intervento di ricostruzione mammaria va interpretato come momento integrante dell’iter terapeutico del carcinoma mammario e conseguente mastectomia (asportazione della mammella).

Nessun intervento di ricostruzione mammaria può consentire l’ottenimento di una mammella identica alla controlaterale indenne. La finalità della ricostruzione mammaria è quella di ottenere una neo-mammella simile alla controlaterale sia per forma sia per volume. La ricostruzione mammaria è basata sulla soluzione di quattro distinti problemi:

– ripristino dei tessuti cutanei e sottocutanei toracici;– creazione del rilievo mammario;
– ricostruzione del complesso areola-capezzolo;
– simmetrizzazione della mammella contro laterale, solo se necessaria.

Il tipo di ricostruzione dipende dalla qualità e dalla quantità dei tessuti residui ed in particolare:

– dalla disposizione delle cicatrici;
– dallo spessore del tessuto sottocutaneo;
– dalla elasticità della cute;
– dalla presenza del piano muscolare sottostante.

Deve essere considerato l’eventuale trattamento radio e/o chemioterapico.

L’iter ricostruttivo può essere iniziato contestualmente all’intervento di mastectomia. Tale scelta, praticata quasi sempre, va effettuata considerando in particolare la prognosi a medio-lungo termine e le condizioni generali di salute.

Grazie alla prevenzione ed alle più recenti acquisizioni in campo oncologico, radioterapico e farmacologico, sempre più spesso si praticano di routine interventi meno demolitivi rispetto al passato, quasi sempre con conservazione del muscolo grande pettorale ed impostati in modo da lasciare come esito una cicatrice il più piccola possibile e, quando possibile, conservando il complesso areola capezzolo. Solo in pochi casi, ormai, l’asportazione del cancro mammario comporta l’asportazione radicale ed estesa della mammella e quindi la necessità di provvedere alla ricostruzione mediante trasposizione di tessuto cutaneo e/o muscolare da altri distretti corporei (lembo dal dorso, lembo dall’addome, lembo dal gluteo).

RICOSTRUZIONE MAMMARIA IMMMEDIATA
Il ripristino della nuova mammella avviene contestualmente all’intervento di asportazione del tumore e si realizza mediante l’inserimento di una protesi in sede retromuscolare (al di sotto del muscolo gran pettorale e, possibilmente, sotto fasciale lateralmente ed inferiormente).
La protesi può essere provvisoria, cioè un espansore mammario, o definitiva e non richiedere quindi altri interventi.
Nel primo caso, sarà da prevedere un secondo intervento a distanza di alcuni mesi per sostituire l’espansione con una protesi definitiva di forma e dimensioni simili alla mammella controlaterale.
Nel secondo caso, la mammella da ricostruire dovrà essere di dimensioni medio-piccole e l’impianto della protesi può essere associato all’utilizzo di un rinforzo inferiore costituito da una matrice biologica.
Si parlerà quindi di primo tempo ricostruttivo in cui, contestualmente all’intervento di mastectomia, si effettua l’impianto di una protesi temporanea detta espansore mammario in sede retromuscolare (al di sotto del muscolo gran pettorale e, possibilmente, sotto fasciale lateralmente).
L’espansore mammario è costituito da un “palloncino” di silicone, il cui progressivo riempimento consente, nel corso dei mesi successivi all’impianto, di “espandere” i tessuti della mammella residua e quindi di impiantare una protesi definitiva.

Il volume finale della neomammella “in espansione” deve essere maggiore di circa il 30% rispetto a quello della mammella sana. E’ pratica comune mantenere tale eccesso volumetrico per almeno sei mesi/un anno. Ciò al fine di contrastare l’elasticità dei tessuti (ivi compresa la capsula periprotesica) che inevitabilmente tenderebbe di per sè a riportare la mammella da ricostruire al volume originario. Nel corso di tale periodo la forma ed il volume della mammella “in ricostruzione” sono ben diversi rispetto a quelli della mammella sana.
Circa sei mesi/un anno dopo il suo impianto si procede alla sostituzione dell’espansore con la protesi definitiva. Il maggior problema della ricostruzione mammaria differita risiede nella difficoltà di ricreare una mammella “naturale” con una “palpabilità” il più possibile gradevole.
Per ottenere ciò ci si avvale della metodica più recente di utilizzare l’innesto adiposo autologo, prelevato dalla stessa paziente, per aumentare lo spessore dei tessuti periprotesici. Con l’evoluzione delle tecniche chirurgiche sia demolitive (mastectomia con conservazione del capezzolo) che ricostruttive (innesto adiposo autologo), sempre meno frequentemente si deve ricorrere ad un intervento di mastoplastica riduttiva e/o mastopessi a carico della mammella controlaterale al fine di renderla maggiormente simile a quella ricostruita. Queste procedure sono attualmente riservate quasi solamente a pazienti sottoposte a radioterapia adiuvante che tende a provocare nella ricostruzione con protesi un risultato ricostruttivo meno naturale.

Complicazioni postoperatorie
Dislocazione dell’espansore o della protesi
Retrazione della capsula periprotesica: si tratta di una reazione eccessiva dei tessuti alla presenza della protesi che determina l’ispessimento e la contrazione della membrana connettivale che l’organismo crea attorno alla protesi. Si verifica in una modesta percentuale di casi, in genere due-sei mesi dopo l’intervento, raramente anche a distanza di anni. Il rischio di retrazione della capsula è valutabile in circa il 5% dei casi con l’utilizzo di protesi dotate di superficie ruvida (“testurizzata”) ed è ancora minore qualora la protesi sia posizionata sotto il muscolo pettorale. Qualora la retrazione della capsula peri-protesica sia di grado marcato, può essere opportuno eseguire un intervento correttivo consistente nella sua incisione o asportazione.

Risultati
L’ottenimento di un risultato esteticamente accettabile dipende fondamentalmente dal tipo di mastectomia eseguita, dalla scelta dell’espansore e della protesi definitiva che devono essere congrui per forma e volume e dall’adeguamento della mammella controlaterale. Non esistono regole codificate per la scelta del volume di espansore e protesi: l’esperienza del chirurgo e la sua capacità di prevedere il volume finale della neomammella e della mammella controlaterale a seguito dell’intervento riduttivo di adeguamento giocano un ruolo fondamentale in tal senso.

Relativamente alla forma degli impianti è pratica corrente da circa un decina d’anni utilizzare protesi di profilo anatomico (“a goccia”), che meglio riproducono una forma per quanto possibile naturale della neomammella (polo superiore pianeggiante, polo inferiore convesso). Recentemente si utilizzano delle protesi con rivestimento in poliuretano per completare la ricostruzione nelle pazienti sottoposte a radioterapia, in quanto questa tipologia di protesi ha una maggior capacità di contrastare la contrattura capsulare che è molto più frequente nelle pazienti radio trattate.
In alcuni casi di pregressa radioterapia, non è possibile procedere subito alla sostituzione della protesi e si deve procedere con dei brevi interventi preparatori con cellule staminali autologhe per preparare i tessuti ad accogliere la protesi. L’applicabilità di questa metodica deve essere sempre discussa con l’oncologo che segue la paziente.

Cosa sono le cellule staminali?
Sono cellule che possono maturare in diverse linee cellulari ed hanno proprietà rigenerative.
Esse si possono ottenere da qualsiasi tessuto, ma devono poi essere estratte e concentrate.
In Chirurgia Plastica si utilizzano cellule staminali ottenute dal grasso aspirato e vengono utilizzate per ottenere nuovi volumi nei tessuti e la guarigione di tessuti che hanno subito un danno vascolare.

Cruciale, ai fini del risultato, è il corretto posizionamento dell’espansore, specie per quanto riguarda il solco mammario che deve, quando possibile, essere conservato dal chirurgo che effettua la mastectomia. Ogni deroga a tali principi si traduce inevitabilmente in una tendenza alla risalita della protesi, in un posizionamento eccessivamente alto del solco sottomammario ed in una forma poco naturale della neo-mammella per brevità del suo polo inferiore.

Il grasso della paziente può essere utilizzato per ricostruire la mammella in alternativa alla protesi. La tecnica ricostruttiva prevede una serie di piccoli interventi  che vanno progressivamente a sostituire il volume dell’espansore con grasso fino al raggiungimento della simmetria con l’altra mammella.

In alternativa al trapianto di grasso, metodica particolarmente utile nelle pazienti sottoposte a radioterapia, è “riempire” il volume creato dall’espansore con un lembo muscolare della paziente prelevato dal dorso, dall’addome, dal gluteo o dall’interno coscia.

Ricostruzione con protesi in tempo unico.

Sempre più spesso la mastectomia prevede la conservazione di tutta la cute mammaria e del complesso areola capezzolo. Ciò permette, in casi selezionati di procedere al posizionamento di una protesi rivestita da una membrana biologica direttamente già durante l’intervento di mastectomia.

Cosa è l’ALCL?

E’ un tipo di linfoma che si è scoperto essere associato a protesi mammarie con una frequenza di 2,8 casi su 100.000 protesi impiantate. Il Ministero della Salute sta indagando se ci sia una effettiva relazione fra l’impianto e la patologia in questione e ci impone di segnalare ogni nuovo caso venga alla nostra attenzione. Non è necessario che le protesi già impiantate siano rimosse e non sono necessari controlli ulteriori o diversi da quelli effettuati fino ad ora sulle pazienti ricostruite.

Volto

Il volto di una persona è sicuramente il biglietto da visita con cui si presenta al mondo e per cui viene giudicata in prima battuta.

Anche in questo ambito la conoscenza dell’anatomia, del funzionamento della muscolatura e delle modifiche che si instaurano nei tessuti molli con il tempo o con i traumi hanno fornito conoscenze utili in chirurgia estetica.

Le regole che guidano la chirurgia ricostruttiva del volto sono quelle che tendono a ripristinare una situazione morfologica il più simile possibile a ciò che preesisteva al trauma o all’intervento demolitivo.

Anche in questo caso il ripristino della funzione potrebbe non essere completo, l’obiettivo deve essere quello di produrre un aspetto gradevole, in grado di trasmettere emozioni e che possa riportare il paziente a non temere il confronto con gli altri, oltre a riconoscere il suo aspetto.

Credo sia opportuno dividere il volto in tre porzioni, concetto trasferito anche in chirurgia estetica:

il 1/3 superiore che comprende fronte, arcata orbitaria superiore, palpebra superiore e anche il cuoio capelluto;

il 1/3 medio che comprende bordo orbitario inferiore, palpebra inferiore, zigomo, piramide nasale e guancia;

il 1/3 inferiore che comprende la bocca il profilo mandibolare ed il collo.

Il risultato morfologico dei tre distretti è il risultato dei diversi piani: osseo (abbastanza statico) il più profondo, muscolo-fasciale l’intermedio (statico e, soprattutto, dinamico), cute e sottocute il più superficiale (che deve essere abbastanza plastico da seguire i movimenti della muscolatura sottostante).

TERZO SUPERIORE

Partendo dall’alto, ovvero dal cuoio capelluto, le tecniche ricostruttive tese a ripristinare un capillizio che sia stato alterato sono, “in primis”, cercare di nascondere o ridurre le aree di alopecia (aree prive di capelli) con metodiche di spostamento di porzioni di cuoio capelluto.

Il cuoio capelluto è un tessuto molto rigido e che non consente molta libertà di riparo mediante semplici scollamenti, ma necessita di tecniche che spostino la tensione in aree del capo dove il tessuto sia più distensibile, ecco perchè una delle metodiche prevede di utilizzare grandi lembi che mirano a spostare l’area priva di capelli in zona meno “visibile”.

Alternative sono l’espansione del cuoio capelluto vicino, mediante l’impianto di un dispositivo che si può aumentare di volume nel post operatorio per ottenere più tessuto.

La metodica prevede sempre almeno due interventi, uno per impiantare l’espansore e l’altro per rimuoverlo e, salvo complicanze, ottiene anche la completa correzione di aree di alopecia con un tessuto provvisto di capelli, anche se più radi.

Le complicanze più frequenti di queste due metodiche sono costituite dalla necrosi dei lembi e/o da alopecia ulteriore indotta dall’intervento chirurgico.

La terza opzione, poco efficace in casi di alopecie cicatriziali, è il trapianto di capelli.

Più profondamente, si possono trovare deformità della volta cranica post-traumatiche o congenite, che possono essere corrette con l’utilizzo di osso autologo (sdoppiamento della clavaria) o con protesi di sostituti d’osso o resine o titanio. La correzione di tali deformità prevede sempre un’equipe mista formata da un neurochirurgo oltre che dal chirurgo plastico.

La fronte e la porzione superiore dell’orbita presentano un grado di complessità ricostruttiva maggiore, perché gli strati da ricostruire sono tre ed uno di essi è mobile.

Come già detto la funzione di un muscolo o di un nervo non sono, a volte, ripristinabili, infatti dove la funzione di sollevare il sopracciglio, di chiudere ed aprire la palpebra superiore, siano perduti irreparabilmente, la chirurgia ricostruttiva non potrà altro che migliorare la funzione statica e/o giocare sulla funzione dei diversi muscoli per ottenere un risultato funzionale “protettivo” del bulbo oculare (ad esempio l’allungamento del m.elevatore della palpebra superiore per ridurne l’antagonismo con la funzione di un m.orbicolare paralitico).

Importanti nell’aspetto complessivo sono la simmetria delle rime palpebrali e nella posizione delle sopracciglia, ecco che piccoli interventi praticati sullo strato più superficiale, cute e sottocute, possono correggere la forma degli occhi e la posizione del sopracciglio o rendere meno rigide e più “mimiche” alcune cicatrici, mediante plastiche cosiddette a Zeta.

Anche in questa porzione di volto è importante la deformità dello scheletro sottostante che può essere corretto con osso del pz stesso, con protesi sintetiche o essere “mascherato” con innesto adiposo autologo che, modificando lo spessore dei tessuti molli, copre le deformità scheletrica sottostante con degli interventi molto semplici e leggeri per il paziente.

 

TERZO MEDIO

La parte del leone di questo distretto è riservata alla piramide nasale ed al pavimento dell’orbita che nei traumi possono essere molto colpiti con esiti morfologici e funzionali molto importanti.

Spesso questi pz non vengono operati in urgenza per le priorità rianimatorie conseguenti al trauma cranico e quindi presentano esiti che possono necessitare di ricostruzione ossea e dei tessuti molli.

Le tecniche chirurgiche sono quelle previste per la rinoplastica e la chirurgia orbitaria e spesso necessitano di innesti ossei o cartilaginei per correggere un’enoftalmia e conseguente diplopia o una deformità della piramide nasale.

Le cicatrici o il deficit del tessuti molli possono essere corrette con lembi, espansori o semplice innesto adiposo come già detto per altri distretti.

TERZO INFERIORE

La bocca con la forma delle labbra e la loro mobilità costituiscono il centro di questo distretto e purtroppo, la presenza di paralisi o retrazioni cicatriziali a questo livello sono difficili da correggere per l’elevato grado di complessità della funzione dei muscoli mimici.

Le tecniche chirurgiche correttive dovranno mirare a ripristinare la forma, il profilo e la mobilità delle labbra, la simmetria delle commissure, la salienza del filtro e l’attenuazione della rigidità della cute e della mucosa da retrazione cicatriziale, affinchè la bocca possa seguire i movimenti della muscolatura.

Anche in questo distretto le metodiche più efficaci prevedono di intervenire sulla superficie con plastiche a Zeta, innesti adiposi, lembi o espansori, tutte metodiche abbastanza semplici e leggere per il paziente.

Per concludere questa piccola esposizione, la ricostruzione di un volto può ottenere dei risultati sorprendenti per la qualità, l’armonia e la naturalità dell’aspetto, ma necessita della cura del particolare che, anche se piccolo e parziale, unito a molti altri produce un risultato a volte eclatante.

È importante che il pz sappia che saranno necessari molti interventi per raggiungere il risultato migliore possibile, che spesso essi sono molto piccoli e leggeri, a volte eseguibili agevolmente in AL e che devono seguire una sequenza ben definita che può essere esemplificata con la costruzione di una casa che deve partire dalle fondamenta per arrivare alla decorazione degli interni.

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